Quando la Disney annunciò Andor tra i suoi titoli futuri la mia reazione fu un misto di scetticismo e indifferenza. Amavo Rogue One, ma l’idea di una serie su Cassian Andor non mi entusiasmava. Mi sembrava che ci fossero tante altre storie da raccontare, più interessanti e più importanti. Ecco, questo è il perfetto esempio di quella che Palpatine chiama «sconsiderata miopia». A onor del vero, non molto tempo dopo mi sono ricreduto e quando ormai mancavano pochi mesi all’uscita della serie non vedevo l’ora di vederla. Oggi posso dire di aver amato Andor sin dal primo episodio (fortunatamente è tutto nero su bianco), ma questa meravigliosa serie, oggi celebrata e persino candidata a vincere premi, è entrata nella galassia lontana lontana in punta di piedi. Nonostante alcuni mugugni, tuttavia, ha lentamente conquistato il pubblico, portando gli entusiasti allo scoperto.
Ora, a stagione conclusa, è un pullulare di recensioni e post lusinghieri. Gli aggettivi più usati sono “adulto” e “realistico”. Anche sulle pagine di questo blog ne abbiamo parlato ampiamente: Andor ha una cifra così realistica che difficilmente un bambino l’apprezzerebbe. Prendete il monologo di Luthen nell’episodio 10: se hai dieci anni forse non ne cogli il senso fino in fondo, non ti identifichi. Allo stesso modo forse non apprezzi il ritmo lento, la preponderanza del dialogo, l’azione distillata, i silenzi. In tal senso Andor è il pirandelliano strappo nel cielo di carta di Star Wars: la Ribellione non è un pranzo di gala né un’avventura. È vivere nell’ombra, indossare una maschera, nascondersi, uccidere, tradire, sacrificare e sacrificarsi, fare compromessi, morire.
Insomma, Star Wars non è mai stato così serio, adulto, cupo. Guardando Andor non desideri brandire una spada laser, ma vuoi comunque far parte di quell’universo narrativo per combattere l’Impero. Un Impero che si è finalmente rivelato per quello che è: un regime dittatoriale governato da burocrati fascisti. Sì, Andor è una serie antifascista. Star Wars in realtà lo è sempre stato, antifascista. Oltre la Forza, i Jedi, i Sith, Anakin Skywalker, è la storia di una democrazia che cede alla corruzione, sacrifica i suoi principi morali, abdica in favore della burocrazia e l’individualismo, e infine soccombe alla tirannia. Andor, tuttavia, ci mostra come non mai i burocrati sadici, ambiziosi, assetati di controllo, ordine, disciplina. A insorgere sono gli oppressi, i lavoratori, gli umili, ma anche la classe dirigente liberale, non più cavalieri, idealisti, stellapiloti. Se non è politica questa! Ecco lo strappo nel cielo di carta: il tempo dei giochi è finito, specie per i fan cresciuti con la trilogia originale. Ecco la realtà oltre l’illusione. Siamo adulti e viviamo in un mondo, metaforicamente e letteralmente, che reclama la nostra lotta. «Combattete l’Impero!» è il messaggio per tutti, ovvero per la galassia e per il pubblico.
Come ribadito più volte, in questa storia non c’è spazio per la Forza. L’Impero è all’apice della sua potenza e i Jedi «sono praticamente estinti», per dirla con Obi-Wan, ma questo non significa che la Forza sia scomparsa dalla Galassia. La serie Obi-Wan Kenobi ha per protagonisti Jedi, Sith, Inquisitori. Ma non Andor (per lo meno sin qui). Questa è forse una delle scelte più coraggiose della serie, che è davvero nuova, anche se i fatti si svolgono solo qualche anno prima della battaglia di Yavin. Nuovi pianeti, nuovi personaggi (con qualche eccezione, tra le quali il protagonista e Mon Mothma, una vecchia conoscenza, per così dire, ma mai così protagonista), nuove situazioni. Non mancano gli easter egg, certo, ma non disturbano, se ne stanno buoni sullo sfondo, discretamente. Poco importa se nemmeno li cogli. Non mi piace parlare di fan service (materiale per un altro articolo), ma in Andor sicuramente non c’è smania di compiacere e blandire il pubblico (The Book of Boba Fett vi dice niente?). Anche questo si scorge al di là dello strappo: basta citazionismo. Il passato è bellissimo, ma è passato, per l’appunto. Ma forse Andor si spinge ancora più in là, riuscendo nell’impresa di stupire i fan, soprattutto i veterani, con una storia che è vecchia e nuova allo stesso tempo, proprio perché non tenta di compiacerli. The Mandalorian aveva tentato qualcosa di simile, ma era più sbilanciata verso il vecchio. Andor è all’opposto.
Come dicevo all’inizio, la serie è partita in sordina, ma oggi è celebrata da molti come la miglior serie di Star Wars live action, se non addirittura una delle migliori del 2022. Sembra, tuttavia, che non abbia conquistato il grande pubblico. Ne ho accennato in precedenza e lo ribadisco qui: forse in molti, rimasti scottati da Obi-Wan Kenobi e The Book of Boba Fett, hanno pensato “Basta Star Wars alla Disney”. Forse, ma può anche darsi che in tanti non siano entusiasti di questa versione nuova, cupa e realistica della galassia lontana lontana. Questo ci suggerisce una domanda importante: Star Wars è a un bivio? O, meglio, il pubblico di Star Wars è a un bivio? Nei prossimi mesi vedremo The Bad Batch 2, The Mandalorian 3, Ahsoka, The Acolyte. Queste serie ricuciranno lo strappo? Andor è così bello, così nuovo, così vero che viene da chiedersi: potremo tornare indietro?
Forse la vera domanda è: che cosa vuole il fan di Star Wars? Nessuno lo sa davvero, e questa è probabilmente la maledizione della saga. Già tra Una nuova speranza e L’impero colpisce ancora c’è un abisso. Questo per dire che domande quali “che cos’è Star Wars?” e “che cosa vuole il fan di Star Wars?” sono annose, primordiali direi. Sono nel DNA della saga, anzi di George Lucas stesso. Quindi nulla di nuovo, ma in questo preciso momento storico (della saga) non posso non pensare che Andor abbia gettato una nuova maledizione su tutti noi e sulla galassia lontana lontana. Saremo orfani di questa meravigliosa serie e guarderemo alle spade laser con nostalgia, come simbolo di un’infanzia perduta, o torneremo bambini ancora una volta al primo minuto di The Bad Batch 2 tra qualche settimana?