Concludendo le mie riflessioni su Andor dopo il finale della prima stagione un paio di mesi fa ho posto il seguente quesito: «Saremo orfani di questa meravigliosa serie e guarderemo alle spade laser con nostalgia, come simbolo di un’infanzia perduta, o torneremo bambini ancora una volta al primo minuto di The Bad Batch 2 tra qualche settimana?». Non era una domanda retorica. Andor è una rivoluzione, ma si sa, l’antico regime non muore mai facilmente… o non muore affatto. Dunque, dopo i primi otto episodi della seconda stagione di Bad Batch vale la pena provare a rispondere alla domanda.
Risposta breve: la seconda. Bad Batch è un’ottima serie classica, ovvero in senso starwarsiano non è una rivoluzione, anzi, è praticamente il seguito di The Clone Wars, del quale ha ereditato tutto. Come può, dunque, non farmi tornare bambino, tanto più che non manca nemmeno il momento spade laser (nell’episodio 6, nel quale ritroviamo il personaggio di Gungi, una vecchia conoscenza di Clone Wars)? Non può, e infatti questa sì che era una domanda retorica.
Intendiamoci, tornare bambini non significa semplicemente appassionarsi all’aspetto avventuroso della saga. In questa serie Dave Filoni riprende un tema a lui caro e che ha già trattato, ma non approfondito, in Clone Wars: i cloni. Qual è il loro posto nella galassia? Fin dove arriva il loro libero arbitrio? Sono vittime o carnefici? Burattini manovrati da Palpatine o traditori dei Jedi? Individui che hanno diritto di essere liberi o ingranaggi della macchina imperiale? Il modo in cui Filoni ne racconta la vicenda a tratti mi commuove, non lo nascondo. Senza le serie Clone Wars e Bad Batch i cloni sarebbero rimasti un elemento anonimo nell’affresco della saga, mentre ora sono tra i personaggi più interessanti perché ci pongono di fronte a conflitti e momenti drammatici, oltreché a questioni filosofiche.
Perciò sì, divertirsi come un bambino ma anche commuoversi come un adulto. In questo, Bad Batch è forse più Star Wars di Andor? Forse. Sicuramente una cosa in comune le due serie ce l’hanno: entrambe ci mostrano, anche se in modi diversissimi, cosa accade tra l’Episodio 3 e Rogue One, una parte della saga sin qui raccontata solo da Rebels (sullo schermo). Bad Batch, tuttavia, vanta un primato sulle altre due: inizia con l’Ordine 66, l’evento centrale di tutta la saga, mentre Andor e Rebels iniziano cinque anni prima della battaglia di Yavin.
Guardare Bad Batch è come guardare un vecchio film che già conosciamo. Ci racconta qualcosa di vecchio e qualcosa di nuovo allo stesso tempo, ma non mette in discussione il nostro mondo. In questo senso è decisamente rassicurante ed è un piacere guardarlo (anche gli episodi autoconclusivi che sanno più di quest che di saga). Nonostante questo, o forse proprio per questo, è una bella serie di Star Wars. Se Andor non è la serie che meritiamo ma quella di cui abbiamo bisogno, Bad Batch è il caro vecchio Star Wars, nel bene e nel male.