The Mandalorian è una gran bella serie.
Dopo questa facile, anzi facilissima premessa, avrete già capito dove voglio andare a parare, ma andiamo con ordine. Siamo a novembre del 2019 e mancano poche settimane all’uscita dell’Episodio IX. La saga degli Skywalker sta per concludersi per sempre. Han e Luke non ci sono più e presto toccherà, inevitabilmente, anche a Leia, dal momento che Carrie Fisher è morta. Il cerchio è quasi completo. I soli gemelli di Tatooine stanno per tramontare per l’ultima volta. Star Wars, dunque, deve reinventarsi. È in questa temperie che entrano in scena Mando e il Bambino.
Un momento, sarebbe questa l’invenzione? Un mandaloriano e un piccolo Yoda?! Sì, è questa, ed è una grande invenzione. Affezionarsi al misterioso cacciatore di taglie dal cuore d’oro che rischia la vita in ogni episodio per proteggere l’essere più tenero della galassia lontana lontana è sin troppo facile.
Le atmosfere western, gli echi dei film di samurai, le sparatorie, i personaggi da antologia dalla prima battuta (vedi alla voce Kuill, ma anche Cara Dune), una Fennec Shand con le sembianze di Ming-Na Wen, la minaccia di un redivivo Impero e infine la Razor Crest, che si piazza subito nella hit parade delle astronavi di Star Wars, fanno il resto. Anzi, il resto è storia, come si suol dire. La trilogia sequel è solo un brutto ricordo. Star Wars è morto. Lunga vita a Star Wars.
Ecco come si reinventa la galassia lontana lontana. Qualcosa di nuovo, qualcosa di vecchio, qualcosa di prestato… un po’ di Jedi, un po’ di Impero, qualche easter egg (la parola chiave è “qualche”). È la formula perfetta di Jon Favreau e Dave Filoni. A questo punto, la seconda stagione può solo essere peggiore della prima. Invece no, perché perfeziona la formula con Cobb Vanth, Boba Fett il Redivivo (anche se qui… vabbè, ne parliamo un’altra volta), Bo-Katan e, udite udite, Ahsoka e Luke Skywalker. La formula perfetta che supera se stessa.
La terza stagione di The Mandalorian, al contrario, tutto rasenta fuorché la perfezione. Andiamo subito al cuore del problema: Din Djarin e Grogu sono ormai dei gregari, Bo-Katan è la protagonista. The Book of Bo-Katan, dunque? Sì e no. Nella storia hanno un ruolo molto importante anche tutti i mandaloriani del Credo. Mandalorians, dunque. Non esattamente. C’è anche un episodio sul dottor Pershing. Allora facciamo trentuno: The Book of Dr. Pershing. Sì, carino ma forse andrei anche oltre: The Mand… andor, non tanto per la storia, che non c’entra nulla con Andor, ma per le atmosfere, il tono, lo stile (leggi realismo, serietà, cupezza) che poco hanno a che fare con The Mandalorian, che nasce come serie leggera e poco ambiziosa.
L’evoluzione di una serie non è un problema in sé. Introdurre nuovi personaggi, concentrarsi su nuovi protagonisti, raccontare nuove storie: sono cose che si fanno sempre e da sempre, ma The Mandalorian 3 è un guazzabuglio. Dà l’impressione che stiano scrivendo la storia episodio dopo episodio.
«Dov’eravamo rimasti la volta scorsa? Ah sì… va bene, sbrighiamoci a scrivere la sceneggiatura che dobbiamo cominciare a girare entro le 2 altrimenti non facciamo in tempo… Ma mettiamoci dentro un po’ di tutto perché non si sa mai cosa potrà servirci dopo. Tipo dei pirati, che poi forse più avanti ci servono per fare una lunga scena di battaglia. Facciamo anche vedere che Grogu che si allena con le armi mandaloriane, ma mettiamoci pure che gioca con la Forza, perché a questo punto ancora non abbiamo deciso che fare col suo personaggio. Magari un giorno gli facciamo cambiare idea e lo mandiamo ad addestrarsi con Luke interpretato da Sebastian Stan… avete visto i meme, no? Ah, poi inventiamoci qualcosa per far guadagnare a Bo-Katan la fiducia degli altri mandaloriani… tipo che salva il figlio del capo dalle grinfie di un mostro, ma poi non lo salva proprio lei, lo salva Din Djarin, che almeno cinque minuti glieli dobbiamo far fare a Pedro. Ah, e non dimentichiamoci gli easter egg. Senza easter egg non cominciamo nemmeno a girare!».
Insomma, io sono sempre restio a ricorrere ai luoghi comuni delle recensioni, ma qui non posso che evocare il lazy writing e il fan service (e per non scrivere troppo mi sono limitato a fare solo pochi esempi). L’idea di Bo-Katan che deve riunire i clan e riportare Mandalore al suo antico splendore è molto buona, ma forse si poteva scriverla e raccontarla meglio, per lo meno sin qui. Mandalorians sarebbe stato un titolo perfetto.