Mandalorians

Recensione della terza stagione di The Mandalorian. Un’occasione mancata?

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Iniziamo dalla fine, ovvero dal finale di stagione: tutto sommato avvincente, soprattutto grazie alla ricchezza di azione. Tutto il resto, invece, è stato molto deludente (e in realtà, anche gli ultimi due episodi non sono esattamente esenti da critiche, come forse avrete intuito dal nostro “tutto sommato”). Andiamo subito al cuore del problema: la stagione non ha un chiaro protagonista.

Nel primo episodio Din Djarin decide di andare alla ricerca delle Acque Vive nelle profondità di Mandalore per potersi redimere ed essere nuovamente accettato nel Credo. La missione, tuttavia, è compiuta già al secondo episodio.

Il terzo è una digressione sul dottor Pershing (e qui si sente l’eco delle risate di Boba Fett, che nel suo The Book of si era visto togliere un intero episodio proprio da Din Djarin).

Nel quarto episodio c’è un nuovo flashback su Grogu ai tempi dell’Ordine 66 (qui il pubblico esulta quando entra in scena Ahmed Best nel ruolo di Kelleran Beq)… bello quanto narrativamente inutile; viene quindi rapito il figlio di Paz Vizsla, una sottotrama scontatissima che ha uno scopo chiarissimo anche per lo spettatore meno attento: mostrare come Bo-Katan riesca a conquistare la fiducia del Credo, in primis dell’Armaiola e dello stesso Paz Vizsla.

A questo punto, Din Djarin e Grogu sono sempre meno protagonisti ed è sempre più ovvio che Bo-Katan a breve riunirà tutti i clan di mandaloriani. Prima, tuttavia, c’è una banda di pirati da sgominare nel quinto episodio, al termine del quale Bo-Katan riceve l’investitura ufficiale dall’Armaiola come salvatrice dei mandaloriani e di Mandalore (e può anche togliersi l’elmo!); poi c’è un misterioso caso di droidi fuori controllo da risolvere per poter avere udienza con i mandaloriani mercenari del pianeta Plazir-15 (decisamente il punto più basso di questa stagione). Ora il colpo di scena: Din Djarin dichiara che Bo-Katan, avendo sconfitto colui che lo ha sconfitto, è la legittima proprietaria della darksaber. Lo sapeva da quattro episodi, ma per fare una sorpresa a Bo-Katan e al tempo stesso non rovinare il momento topico della stagione ai noi spettatori se l’è tenuto per sé. I mandaloriani, finalmente, possono andare in guerra.

Nel frattempo ricompare Moff Gideon, e si arriva così agli episodi conclusivi, indubbiamente i migliori. Il problema, dunque, non è tanto il finale, ma come ci si arriva. Sembra quasi che gli episodi siano stati scritti mentre la stagione già andava in onda, settimana dopo settimana. Ovviamente non è così, ma resta l’impressione che non avessero un reale progetto, un’idea chiara di quale storia raccontare e di come i personaggi dovessero evolversi, come se l’approccio fosse “mettiamo dentro un po’ di tutto per tenerci ogni porta aperta e per accontentare tutti”. In particolare, Din Djarin e Grogu sono apparsi quasi sempre fuori posto. Nelle stagioni precedenti la missione di Din era proteggere Grogu, ma in questa, a parte il finale, quell’elemento è venuto completamente a mancare e ai due personaggi non è stato dato un nuovo conflitto da superare.

A nostro avviso, la stagione avrebbe dovuto sviluppare sin da subito solo due linee narrative: la lotta di Bo-Katan per riunire tutti i mandaloriani e il ritorno di Moff Gideon. Proviamo ad abbozzare la storia. Nel primo episodio Moff Gideon evade (immaginate una spettacolare missione di estrazione con gli stormtrooper che finalmente mettono a segno qualche colpo) e da questo momento in poi lo vediamo mettere insieme i pezzi del suo piano per conquistare il potere supremo grazie a una nuova generazione di cloni. Nel frattempo, Bo-Katan prova a riunire i clan, ma fallisce. Alla fine è costretta a sfidare l’amico Din Djarin per impossessarsi della darksaber. Solo allora i due andranno in battaglia insieme contro Moff Gideon.

Invece, nel corso della stagione viene spesso da domandarsi chi sia il mandaloriano del titolo. Questa ambiguità era forse voluta? A noi sarebbe piaciuto tantissimo il titolo Mandalorians. Grazie a Bo-Katan ora tutti i mandaloriani sono finalmente uniti sotto un’unica bandiera e sono pronti a riportare la loro civiltà agli antichi splendori. Non più un unico mandaloriano, ma tutti i mandaloriani.

Non abbiamo avuto nulla di tutto ciò purtroppo. Abbiamo avuto, invece, una storia frammentaria in cui succede questo perché dopo deve succedere quest’altro: Din Djarin uccide dei pirati nel primo episodio… perché dopo Bo-Katan deve condurre i mandaloriani del Credo contro i pirati che, un po’ per vendetta, un po’ perché manovrati dai rimasugli dell’impero, hanno attaccato Nevarro (che a quanto pare ha una popolazione di venticinque anime); solo così Bo-Katan riceverà l’investitura dall’Armaiola. Un altro esempio: Din Djarin deve essere fatto prigioniero nel secondo episodio perché solo così Bo-Katan, fino a un attimo prima stravaccata sul suo trono, apatica e depressa, può rientrare nella storia e sconfiggere il nemico di Din Djarin e ottenere, come abbiamo visto, la darksaber senza dover superare alcun reale conflitto. Lo ripetiamo: immaginate un combattimento tra Bo-Katan e Din Djarin. La prima tenta fino all’ultimo di evitare lo scontro, ma alla fine è costretta (o pensa di essere costretta) a sfidare l’amico, a sua volta ancora più riluttante a combattere. Ne uscirà una Bo-Katan più consapevole, più matura, finalmente pronta per compiere il proprio destino.

Abbiamo avuto un intero episodio che stonava completamente con tutto il resto, ovvero quello sul dottor Pershing. L’intento era mostrare le trame di Moff Gideon? Allora forse l’episodio si poteva spalmare per creare maggior curiosità e tensione. Sarebbe stato interessante vedere queste trame un po’ alla volta lungo tutta la serie, per poi alla fine scoprire, poco prima dello scontro finale, il suo piano.

Abbiamo avuto un flashback di Grogu che non possiamo non definire fan service. Se i flashback precedenti erano interessanti per scoprire il personaggio, conoscere il suo passato e l’origine dei suoi traumi, questo nuovo ricordo non ci dice nulla, né per l’arco narrativo del personaggio né per la storia raccontata in The Mandalorian 3. Si è voluto semplicemente blandire il pubblico.

Così come la presenza di R5 è un modo per accattivarsi i fan, strizzargli l’occhio, fargli provare nostalgia per i vecchi film.

Evitiamo di commentare l’episodio sui droidi di Plazir-15, una baracconata piena di colori sgargianti senza sostanza. Non possiamo, tuttavia, non menzionare due dettagli. Il primo è il riferimento al conte Dooku. Potrebbe anche essere una buona idea se non avessero buttato il nome lì, quasi a caso. Dooku è un personaggio molto interessante. Con la sua ambiguità offre spunti di riflessioni sull’ordine dei Jedi e il suo dogmatismo, sulla democrazia, sulla corruzione della Repubblica e molto altro. Se il suo nome è solo un modo per riempire i vuoti, per spuntare una casella nella lista delle citazioni e degli easter egg, della serie “citiamo Dooku che è fico, al pubblico piacerà”, allora è un gran peccato. Il secondo dettaglio è il pulsante rosso per la disattivazione dei droidi. Si è parlato molto del cappotto sotto al quale di Obi-Wan nasconde Leia bambina, ma quel pulsante è molto, molto più ridicolo. Sembra uscito da una commedia, una parodia. Tutta la tecnologia della galassia ridicolizzata da un singolo pulsante che dalle nostre parti si può comprare dall’elettricista sotto casa.

In conclusione, The Mandalorian 3 è stato una grande delusione e un’enorme occasione mancata. Lo diciamo con rammarico, da amanti delle prime due stagioni, che hanno rilanciato Star Wars mettendo d’accordo i fan storici e quelli più giovani (e conquistando un nuovo pubblico attirato dalla simpatia e tenerezza di Grogu). Si salvano solo i due episodi finali, ma non bastano. Troppa fuffa, conflitti superficiali risolti con faciloneria, storia singhiozzante e regia goffa. La storia di Din e Grogu si è forse conclusa per sempre (onestamente, lo auspichiamo). Quell’inquadratura finale, che ci ha riportato alle atmosfere western e samurai delle prime due stagioni, è forse uno dei momenti migliori della terza stagione e non lascia presagire un loro ritorno. Non a breve, comunque, considerando che The Mandalorian 4 non è stato annunciato. Stando inoltre a quanto dice Din Djarin nell’ultimo episodio, lui e Grogu se ne staranno in disparte per un po’ facendo “lavori” facili per conto della Nuova Repubblica. Bo-Katan avrà il suo bel daffare per riportare il suo pianeta in auge, ma la sensazione è che forse non la rivedremo tanto presto. Alla fine Thrawn non è arrivato, ma è solo questione di tempo. D’altra parte, c’è in ballo il film di Dave Filoni… probabilmente rivedremo tutti quanti al cinema tra un paio d’anni.

L'autore

Matteo Lucci

Feccia ribelle dal 1979. Ha girato la galassia in lungo e in largo, ha visto un sacco di cose curiose… e alla fine si è convinto che esiste un’unica onnipossente Forza che controlla tutto quanto. Grazie a Star Wars ha imparato a discernere il bene dal male, ma anche espressioni come “biechi agenti dell’impero” e “sconsiderata miopia”. Vagheggia di tramonti binari ad Amsterdam. È tra i massimi difensori della trilogia prequel.