In principio era Star Wars, il film più spettacolare mai creato. Poi venne L’impero colpisce ancora, che trasformò l’avventura in tragedia. Infine, fu l’epoca de Il ritorno dello Jedi, il film più atteso di tutti i tempi, epilogo della più grande storia mai raccontata…
Era il 25 maggio 1983 quando Il ritorno dello Jedi debuttò nei cinema americani. L’America non era più quella di sei anni prima. Il futuro era radioso e il cinema faceva sognare più che mai. I film cupi del decennio precedente erano solo un ricordo. Chi si mise in fila quel 25 maggio di quarant’anni fa, tuttavia, non era in cerca di un sogno… ma di un finale. L’Impero, l’atto centrale della trilogia, aveva lasciato il pubblico con il fiato sospeso. Dopo tre anni di attesa, tutti morivano dalla voglia di sapere se Luke avrebbe ucciso Darth Vader o se sarebbe passato al Lato Oscuro, che ne sarebbe stato di Han Solo, chi era l’altra speranza menzionata da Yoda.
Per tre anni i fan si erano arrovellati su queste brucianti domande, ma c’era dell’altro.
L’Impero era stato un film decisamente diverso da quello precedente, ovvero cupo e tragico, specie nel finale. Avvincente, certo, ma non una “semplice” avventura spaziale a lieto fine come Una nuova speranza. Che film sarebbe stato, dunque, Il ritorno dello Jedi?
In una scena di Clerks (1994), film d’esordio di Kevin Smith, Dante e Randal (i due commessi del titolo) parlano proprio di questo:
«Tu cosa preferisci, lo Jedi o l’Impero colpisce ancora?», domanda Randal.
«Lo Jedi!», risponde Dante.
«Bestemmia!»
«L’Impero ha un finale migliore. Intendo, a Luke viene amputata una mano, lui scopre che lord Fenner [sic!] è suo padre, Ian viene ibernato e portato via da Boba Fitt [sic!]… un finale che t’ammazza. Insomma, questa è la vita: una serie di finali duri uno appresso all’altro. Invece lo Jedi è solo una massa di pupazzi».
I fan sono tuttora divisi su questo tema. Se da una parte c’è un grande consenso sull’Impero come il miglior film della saga, dall’altra lo Jedi non gode di altrettanto favore. È senza dubbio vero che è pieno di pupazzi, come dice Dante, ma il film è molto, molto altro.
Innanzitutto, la vicenda di Luke e Darth Vader (fulcro narrativo e mitologico della trilogia) si conclude in modo superbo. Luke, mosso dal desiderio di salvare il padre dal Lato Oscuro, decide di consegnarsi al nemico. Il drammatico dialogo con Darth Vader sulla luna boscosa di Endor è una delle vette della saga. Una volta al cospetto dell’imperatore, Luke viene tentato dal Lato Oscuro, ma infine, un momento prima che l’odio prenda il sopravvento, si rifiuta di uccidere il padre, divenendo così uno Jedi. L’illuminazione sopraggiunge quando il suo sguardo si posa sull’arto artificiale del padre, quindi sulla propria mano similmente meccanica… il presagio è lampante, il ricordo del suo fallimento nella grotta su Dagobah, quando affronta l’illusione di un Darth Vader con il proprio volto nell’Impero, riaffiora vividissimo… in quell’istante Luke torna definitivamente al Lato Chiaro, si dichiara uno Jedi e si consegna, inerme, all’imperatore. A questo punto Darth Vader, illuminato a sua volta dal sacrificio del figlio, lo salva dall’imperatore, redimendosi. Il dialogo finale tra padre e figlio è un altro momento topico di Star Wars. Rimuovendo la propria maschera, Darth Vader non solo ci mostra il suo vero volto per la prima volta, ma, ancor più importante, ci rivela il suo vero io - un uomo buono sedotto e corrotto dal Male e caduto in disgrazia. La pira funeraria con la quale Luke si congeda dalle spoglie mortali del padre è una scena davvero commovente. La vera conclusione della vicenda, tuttavia, è la trinità di fantasmi di Forza: Obi-Wan, Yoda e Anakin, i tre mentori che, ciascuno a suo modo, hanno guidato Luke nel suo viaggio dell’eroe per diventare un Jedi. (Ci sarebbe da parlare del fantasma di Forza di Anakin, ma rimandiamo ad altra occasione.)
Basterebbe solo questo a fare del Ritorno dello Jedi il grande film che è. Ma c’è persino di più: l’attacco alla seconda Morte Nera, forse la miglior battaglia spaziale di tutti i tempi; la triste morte di Yoda, che i fan avevano conosciuto solo tre anni prima; Jabba the Hutt, un nome quasi mitico che dopo ben due film finalmente entra in scena… per uscirne poco dopo per mano di Leia, non prima di essere entrato nell’immaginario collettivo come uno dei gangster più disgustosi, putrescenti e verminosi; la sfortunata, diciamo così, morte di Boba Fett (sarebbe malauguratamente “resuscitato” solo molti anni più tardi, ma sorvoliamo…); Bib Fortuna, squallido lacchè dalle strane fattezze; Salacious Crumb, insopportabile mostriciattolo dalla risata sadica; Mon Mothma, la carismatica, elegante e compassionevole leader della Ribellione; Nien Nunb, il copilota di Lando Calrissian dalla risata buffa e contagiosa; lo stesso Lando Calrissian, generale e Capo Oro ai comandi del Millennium Falcon nell’attacco alla seconda Morte Nera; l’ammiraglio Ackbar, che entrò subito nel cuore di tutti con la battuta «È una trappola», oggi meme replicato all’infinito; l’imperatore, che finalmente è un personaggio a tutto tondo, non un semplice nome o un ologramma; il ritorno del fantasma di Forza di Obi-Wan, che pronuncia la celebre battuta: «da un certo punto di vista» e rivela a Luke l’esistenza della sua sorella gemella… Leia; infine, gli Ewok.
Quest’ultimo è un tasto dolente, secondo alcuni. Un branco di orsetti pelosi che sconfiggono le truppe d’assalto imperiali con sassi e lance? A più di qualcuno non andò a genio. Se fosse esistito internet, forse gli Ewok sarebbero stati la genesi del fandom tossico di Star Wars? Non possiamo saperlo. È stato fatto notare che forse i fan che erano passati dall’infanzia all’adolescenza nei sei anni tra Una nuova speranza e lo Jedi avevano ora gusti più sofisticati. George Lucas, in realtà, aveva accarezzato l’idea di un popolo primitivo che sconfigge un esercito dotato di ogni tecnologia già dalle origini della saga (a ispirare l’idea era stata la guerra del Vietnam) e finalmente l’idea trovò realizzazione nel terzo capitolo, ma secondo alcuni Lucas calcò un po’ troppo la mano. A noi gli Ewok non dispiacciono, anzi, come non amarli, ma nel complesso è vero che a tratti rendono il film un po’ infantile. Ma volete mettere la soddisfazione quando gli AT-ST sono distrutti dalle trappole di tronchi?!
Un altro difetto è la seconda Morte Nera, che rende il film troppo simile al primo. La storia funziona comunque (distruggere l’arma suprema per riportare pace e giustizia nella galassia) e sfido chiunque a lamentarsi dello Jedi solo per questo, ma certo è un aspetto della trama che non valse a Lucas & co. il premio per l’originalità (decenni più tardi arriverà una terza Morte Nera ribrandizzata dalla Disney… ma quella, purtroppo, è un’altra storia).
Tutto ciò (tutto poi… non molto in effetti, ovvero gli Ewok e la seconda Morte Nera) non toglie molto alla grandezza del Ritorno dello Jedi. Non sarà l’Impero, non sarà Una nuova speranza, ma è un grandissimo atto terzo che sa dare grandi emozioni. Se vogliamo, rispetto ai due capitoli precedenti è in realtà persino più ricco: non solo di effetti speciali, ma anche di azione, personaggi, situazioni, battute. A ben guardare, lo Jedi riassume l’avventura del primo film e la tragedia del secondo. L’ultima mezz’ora, in particolare, è costruita con un montaggio alternato che mostra la battaglia sulla luna boscosa di Endor, l’attacco alla Morte Nera e il triello tra Luke, Darth Vader e l’imperatore. Tutto il resto non conta! La Forza scorre potente nello Jedi, un film avvincente, divertente, tragico e sì, pieno di pupazzi… ma che belli quei pupazzi! A tutti loro non possiamo che augurare un buon compleanno. Per quarant’anni ci hanno reso felici, e continueranno a farlo per molto tempo ancora.