I Jedi secondo The Acolyte

Come questa nuova serie sta esplorando fragilità e contraddizioni dei guardiani di pace e giustizia

approfondimenti

I Jedi sono arroganti, dogmatici e settari e hanno causato la caduta della Repubblica Galattica e favorito l’ascesa dei Sith. Questa opinione è molto diffusa tra i fan e senza dubbio ha un certo fondamento, in particolar modo nella trilogia prequel e in Clone Wars. Molte delle verità che affermiamo, tuttavia, dipendono dal nostro punto di vista, o per lo meno così insegnava Obi-Wan. Dunque affermare che i Jedi siano responsabili della propria rovina può essere vero… da un certo punto di vista, ma non da un altro. Il che significa – e il punto dell’insegnamento di Obi-Wan è proprio questo – che forse la questione è ben più complessa di quanto appaia e pertanto non andrebbe liquidata così frettolosamente. Ed è proprio quello che sta facendo The Acolyte.

In soli due episodi, infatti, questa serie ha non solo riacceso il dibattito sul ruolo dei Jedi nella galassia – in particolare, le loro fragilità e contraddizioni sia come individui sia come organo politico-religioso – ma sembra addirittura voler esplorare questo tema a fondo e chiudere così il cerchio con la trilogia prequel. È decisamente presto per trarre conclusioni, ma possiamo certamente fare qualche riflessione su ciò che abbiamo visto finora. Prendiamo tre battute e proviamo a comprenderne il senso più profondo.

Dice il maestro Sol: «I nostri ricordi sono lezioni. Se noi non meditiamo sul passato siamo condannati a ripeterlo». Si tratta di un insegnamento indubbiamente saggio, ma nasconde un’insidia. Sol, infatti, pronuncia queste parole in risposta alla sua Padawan, Jecki Lon, la quale vedendolo assorto gli domanda con un misto di saccenza e curiosità: «Perché conservi ologrammi della tua ex Padawan? Questa attività incoraggia sentimentalismo e nostalgia. E queste due emozioni conducono a…». Interrotta dal maestro, Jecki non finisce la frase ma è ovvio che sentimentalismo e nostalgia conducono all’attaccamento, notoriamente proibito per un Jedi perché conduce, quasi invariabilmente, al Lato Oscuro. Si deve dunque meditare sul passato per evitare di ripetere i propri errori ma – e questa è la parte più difficile – senza sentimentalismo e nostalgia, ovvero con distacco, senza provare sentimenti ed emozioni, soprattutto quelli negativi. Tuttavia il confine tra meditare sul passato ed essere attaccati al passato è sottilissimo e poiché sentimenti ed emozioni sono scoraggiati quando non proibiti, il rischio è che i Jedi semplicemente neghino ciò che provano nell’illusione che ciò li metta al riparo. Sentimenti ed emozioni, tuttavia, vanno accettati ed elaborati, non negati. È questa una contraddizione insita nella filosofia dei Jedi.

«I Jedi giustificano il loro dominio galattico in nome della pace. Ma la pace è una menzogna». A pronunciare queste parole è Qimir, enigmatico personaggio che sembra conoscere i Jedi molto bene. La pace, dunque, è un’illusione – un’affermazione con un accento fortemente filosofico che sembra contrastare nettamente con il nocciolo del credo Jedi. Cosa intende esattamente Qimir? Esistono molti tipi di pace. Se parliamo di pace interiore, è un’illusione in quanto le passioni – quelle passioni che un Sith abbraccia con tutto sé stesso – non possono e non devono essere negate. Se invece parliamo di pace nel senso di assenza di guerra, l’illusione ha sì una dimensione che trascende l’individuo ma la sostanza non cambia dal punto di vista del Lato Oscuro: la pace vagheggiata dai Jedi, ovvero una democratica convivenza tra popoli, è un’illusione in quanto fragile e transitoria; la guerra è insita nella natura degli esseri senzienti e solo la tirannia, la tirannia dei Sith, può garantire una pace duratura fondata sul controllo del dissenso. In fondo, gli stessi Jedi sanno che la pace necessita di guardiani, e infatti hanno scelto di ricoprire questo ruolo. È forse questa un’altra contraddizione che rende la filosofia e il credo dei Jedi fallaci? La pace è il bene superiore sul cui altare è lecito sacrificare il bene inferiore? Sì, purtroppo, come abbiamo visto nei prequel e in Clone Wars. Ma proviamo a spingerci ancora un po’ oltre: e se i Jedi fossero disposti persino a compiere scientemente atti immorali? Potrebbe essere questa la grande illusione, ovvero sentirsi moralmente superiori ma finire in realtà con l’abdicare ai propri valori pur di mantenere la pace a tutti i costi. Chissà che non sia questo il terribile segreto di Brendok. Chissà che alla fine The Acolyte non riveli il lato più oscuro dei Jedi.

«Come tutti i Jedi pensa di aver trovato la pace», dice Qimir poco dopo riferendosi al maestro Torbin, il quale ha trascorso gli ultimi dieci anni in un continuo stato meditativo nel disperato tentativo di espiare una colpa di cui ancora sappiamo poco. Ancora una volta i Jedi vengono mostrati come fragili e incapaci di elaborare le proprie emozioni. Non c’è saggezza né conoscenza della Forza che possa aiutare il maestro Torbin a confrontarsi con il proprio passato, qualunque esso sia, se il codice Jedi lo costringe a negare le proprie emozioni. Chiudersi in sé stesso e rifugiarsi nella meditazione è dunque una pace illusoria, proprio come dice Qimir. Diversamente da Torbin, Sol non si è chiuso in sé stesso ma anche lui non sembra aver ricucito le proprie ferite interiori.

Sono queste le debolezze e le contraddizioni che condurranno i Jedi alla rovina? Abbiamo visto solo due episodi, perciò la risposta dovrà attendere, ma è chiaro che The Acolyte promette di arricchire la nostra comprensione dei Jedi invitandoci a riflettere sul loro ruolo e sui loro valori da una prospettiva più critica e che tenga conto di tutta la complessità della galassia.

L'autore

Matteo Lucci

Feccia ribelle dal 1979. Ha girato la galassia in lungo e in largo, ha visto un sacco di cose curiose… e alla fine si è convinto che esiste un’unica onnipossente Forza che controlla tutto quanto. Grazie a Star Wars ha imparato a discernere il bene dal male, ma anche espressioni come “biechi agenti dell’impero” e “sconsiderata miopia”. Vagheggia di tramonti binari ad Amsterdam. È tra i massimi difensori della trilogia prequel.