I Jedi sono cattivi?

The Acolyte ha riportato al centro una delle questioni più complesse e dibattute della saga

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Ovviamente è una domanda provocatoria: i Jedi sono i buoni, i Sith sono i cattivi. La vera domanda è un’altra: possiamo dire che i Jedi sono buoni in senso assoluto? Qui le cose si complicano parecchio.

I Jedi sono guardiani di pace e giustizia, sono devoti alla Repubblica, ripudiano la tirannia e il Lato Oscuro, usano la Forza per «saggezza e difesa, mai per attaccare». Al tempo stesso sono un ordine monastico che pretende di avere il monopolio della Forza, sono la religione di stato della Repubblica nonché il braccio armato del Senato, dunque sono i veri signori della galassia, sono una setta che strappa i bambini appena nati alle loro famiglie, sono infine un gruppo di potere che deve difendersi da nemici esterni e interni.

Insomma, se è vero che i Jedi non sono i cattivi della galassia, è altrettanto vero che ci sono motivi più che sufficienti per mettere in discussione la loro moralità, il loro credo e soprattutto il loro ruolo nella galassia. La serie The Acolyte – che a noi di Star Wars È Tutto Nella Vita sta piacendo – sta riportando la questione al centro di Star Wars, raccontando come abbia avuto inizio l’ascesa del Lato Oscuro (che culminerà nella caduta dei Jedi e la nascita dell’Impero). Già i prequel, tuttavia, avevano evidenziato i lati più oscuri dei Jedi, le contraddizioni e le storture intrinseche all’ordine e al sistema di potere che hanno creato. L’intera trilogia, poi espansa dalla serie The Clone Wars, parla proprio di questo, raccontando la tragedia di Anakin in un contesto politico e ideologico che non lascia più spazio alla visione manichea della trilogia originale, tanto da aprire un dibattito su chi sia davvero responsabile dell’ascesa di Palpatine. La risposta non è così scontata e impone riflessioni profonde che in origine non erano pertinenti in Star Wars, che era una storia di avventura e tragedia. Successivamente Lucas ha inserito il terzo elemento: la politica.

Non è un caso che la trilogia prequel si apra con una disputa sulla tassazione delle rotte commerciali. Non esattamente un inizio entusiasmante! Tuttavia, quella scena iniziale dice molto più di quanto sembri. In particolare, c’è un dettaglio che stabilisce subito il contesto della nuova trilogia: quando il viceré Nute Gunray apprende che gli ambasciatori inviati dalle Repubblica per negoziare una risoluzione del conflitto sono dei Jedi, ovvero Qui-Gon e Obi-wan, trasalisce. La reazione di Rune Haako, il braccio destro del viceré, è ancora più sorprendente: «Sono venuti per strapparci un accordo», e quando il viceré gli chiede di andare a ricevere Qui-Gon e Obi-Wan dice: «Io non vado là dentro con due Jedi».

La fama dei Jedi, dunque, non è esattamente lusinghiera. C’è la possibilità che tale fama sia frutto di ignoranza, false dicerie popolari, propaganda orchestrata dai nemici dell’Ordine, ma questa fama potrebbe essere meno immeritata di quanto di quanto possa sembrare, soprattutto a chi ha sempre pensato che i Jedi fossero eroi senza macchia. In fondo, la Repubblica invia due Jedi per negoziare anziché senatori, ambasciatori, funzionari e burocrati. Cosa comporta sedersi al tavolo delle trattative con due Jedi armati di spade laser nonché la capacità di controllare il pensiero altrui? L’idea che il loro invio possa essere un atto intimidatorio del Senato non sembra poi così assurda da questa prospettiva. Si potrebbe obiettare che i Jedi, illuminati dalla loro connessione con la Forza nonché da anni di studio e disciplina, siano in realtà l’opzione migliore per risolvere pacificamente un conflitto. Tuttavia rimane il fatto che i Jedi, per quanto ben intenzionati, sono il braccio armato del Senato e hanno poteri fuori dal comune. Inoltre, sono davvero preparati a discutere la complessità, anche legale, di una disputa sulla tassazione delle rotte commerciali?

È questo sistema intrinsecamente fallace e contraddittorio, questo connubio deleterio tra politica, burocrazia e Jedi che sembra essere la causa principale della caduta della Repubblica. Palpatine ha solo piantato il seme delle sue macchinazioni in questo terreno fertile in cui i Jedi sono o sono visti come il simbolo di un potere corrotto. I Jedi sono dunque cattivi? In una concezione manichea della Galassia, no. Ma la Galassia è ben più complessa ed è proprio questa complessità, architettata già da George Lucas con la trilogia prequel, che ha reso Star Wars un universo molto più interessante di quanto fosse inizialmente. Forse è anche per questa complessità, per i dilemmi con cui sfida le nostre convinzioni sul bene e sul male ma anche sui Jedi, che i prequel hanno incontrato molta resistenza e sono talvolta ancora incompresi. Il grande merito di The Acolyte sin qui è aver riportato questa complessità al centro della storia.

L'autore

Matteo Lucci

Feccia ribelle dal 1979. Ha girato la galassia in lungo e in largo, ha visto un sacco di cose curiose… e alla fine si è convinto che esiste un’unica onnipossente Forza che controlla tutto quanto. Grazie a Star Wars ha imparato a discernere il bene dal male, ma anche espressioni come “biechi agenti dell’impero” e “sconsiderata miopia”. Vagheggia di tramonti binari ad Amsterdam. È tra i massimi difensori della trilogia prequel.